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VITA, AMORI E MIRACOLI DI UN VIOLINO VIAGGIATORE

Quando la prosa diventa musica,  quando una storia nascosta tra le pagine prende vita, la danza diventa una magia che racconta, l’amore e la passione diventano teatro. Quando tutto questo diventa “Diario di un violino”. Uno spettacolo unico nel suo genere, ispirato ad un romanzo che svela l’anima di un violino che parla alle persone, raccontando i propri pensieri ed emozioni, i viaggi intorno al mondo e amori, coinvolgendo il pubblico con musica, parole, danza, sentimento, spiritualità e fantasia. Uno spettacolo teatrale che vi farà vivere un’intensa avventura attraverso i secoli passati fino ad arrivare ai giorni nostri: un Violino nasce nella bottega di un famoso intagliatore cremonese. Si accorge di “esistere” quando incontra il giovane Stradivari. Durante la sua lunga vita trascorre straordinari momenti insieme a Vivaldi, Bach, Paganini, Tchaikovsky, il pittore Mark Chagall, Michael Jackson e altri personaggi, in un crescendo di avventure ispirate a fatti realmente accaduti che percorrono trecento anni di storia fino al XX secolo. Un romanzo che descrive la vita degli “umani” dal punto di vista di uno degli strumenti più misteriosi ed esoterici che esistano al mondo: il Violino.            

SAULE KILAITE – performance artist, violinista, attrice, compositrice, regista e scrittrice di origine lituana. I suoi lavori spaziano dalla musica alle performance multimediali, dall’ ideazione e realizzazione di varie piéce teatrali e alla scrittura di romanzi. È stata descritta da molti giornalisti come “l’artista del violino”, paragonata a Laurie Anderson, Vanessa Mae, David Garret. I suoi spettacoli teatrali e concerti sono momenti di intensa comunicazione e scambio di emozioni e commozione col pubblico e sono seguiti e apprezzati in tutto il mondo.

Crediti
voce narrante & violino solista Saule Violin
ballerina e coreografa Elena Lago
The Invisible Orchestra & ospiti
regia Charly Cartisano

Spettacolo
sabato 16 marzo 2024 | ore 20.45

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Rassegna di appartenenza: Musica

Come si fa a parlare di San Francesco D’Assisi senza essere mostruosamente banali? Come farò a mettere in scena questo spettacolo senza che sembri una canzone di Jovanotti?

Se chiedo a un ateo anticlericale “dimmi un santo che ti piace” lui dirà: Francesco. Perché tutti conoscono San Francesco? Perché sono stati scritti decine di migliaia di testi su di lui? Perché è così irresistibile? E perché proprio lui? Non era l’unico a praticare il pauperismo. In quell’epoca era pieno di santi e movimenti eretici che avevano fatto la stessa scelta estrema, che aveva di speciale questo coatto di periferia piccolo borghese mezzo frikkettone che lascia tutto per diventare straccione?
Aveva di speciale che era un artista. Forse il più grande della storia. Le sue prediche erano capolavori folli e visionari. Erano performance di teatro contemporaneo. Giocava con gli elementi della natura, improvvisava in francese, citando a memoria brani dalle chanson de geste, stravolgendone il senso, utilizzava il corpo, il nudo, perfino la propria malattia, il dolore fisico e il mutismo.

Il monologo, orchestrato con le laudi medievali e gli strumenti antichi di Luciano di Giandomenico, Maurizio Picchiò e Stefano Carloncelli, si interroga sull’enorme potere persuasivo che genera su noi contemporanei la figura pop di Francesco, e percorre la vita del poverello di Assisi e il suo sforzo ossessivo di raccontare il mistero di Dio in ogni forma, fino al logoramento fisico che lo porterà alla morte, dalla predica ai porci fino alla composizione del cantico delle creature, il primo componimento lirico in volgare italiano della storia, Francesco canta la bellezza di frate sole dal buio della sua cella, cieco e devastato dalla malattia. Nessuno nella storia ha raccontato Dio con tanta geniale creatività. Francesco sapeva incantare il pubblico, folle sterminate, sapeva far ridere, piangere, sapeva cantare, ballare. Il vero problema con cui mi sono dovuto scontrare preparando questo spettacolo è che Francesco era un attore molto più bravo di me.
E poi il gran finale, la morte, il rapporto di fratellanza, quasi di amore carnale che aveva Francesco con Sora nostra morte corporale, da la quale nullu homo vivente pò scappare. E neanche il pubblico potrà scappare da questo finale, incatenati sulle poltrone del teatro saranno costretti anche loro ad affrontare il vero, l’ultimo, grande tabù della nostra contemporaneità: non siamo immortali.

Crediti
regia FRANCESCO BRANDI
di e con Giovanni Scifoni
strumenti antichi Luciano Di Giandomenico, Maurizio Picchiò e Stefano Carloncelli
produzione Mismaonda / CdP Viola Produzioni

Spettacolo
martedì 7 maggio 2024 | ore 20.45

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Rassegna di appartenenza: Show

C’è una storia vera e c’è un romanzo.

La storia vera è quella di Franca Viola, la ragazza siciliana che a metà degli anni 60 fu la prima, dopo aver subito violenza, a rifiutare il cosiddetto “matrimonio riparatore”.

Il romanzo prende spunto da quella vicenda: la evoca e la ricostruisce, reinventando il reale nell’ordine magico del racconto. Oliva è una quindicenne che nell’Italia di quegli anni, dove la legge stabiliva che se l’autore del reato di violenza carnale avesse poi sposato la “parte offesa”, avrebbe automaticamente estinto la condanna, cerca il suo posto nel mondo. E, in un universo che sostiene che “la femmina è una brocca, chi la rompe se la piglia”, un’Oliva adulta ci narra la sua storia a ritroso, da quando – ragazzina- si affaccia alla vita, fino al momento in cui, con una decisione che suscita scandalo e stupore proprio perché inedita e rivoluzionaria, rifiuta la classica “paciata” e dice no alla violenza e al sopruso.

Una storia di crescita e di emancipazione che scandaglia le contraddizioni dell’amore e si insinua tra le ambiguità del desiderio, che lusinga e spaventa.  Oliva, proprio come Franca Viola, decide di essere protagonista delle proprie scelte, circondata da una famiglia che impara con lei e grazie a lei a superare ricatti, stereotipi e convenzioni. Un padre che frequenta il silenzio e il dubbio, ma che riuscirà a dire alla figlia “se tu inciampi io ti sorreggo”, e una madre che, dapprima più propensa a piegarsi alla prepotenza e al fatalismo, riuscirà infine a spezzare le catene della sottomissione e della vergogna.

Grazie alla scrittura limpida e poetica, teatrale e immaginifica di Viola Ardone, Oliva Denaro diventa così la storia di tutte le donne che ancora oggi pensano e temono di non aver scelta, costrette da una legge arcaica e indecente ad accettare un aguzzino e un violentatore tra le mura di casa. Una storia di ieri e di oggi, che parla di libertà, civiltà e riscatto.

Crediti
regia e drammaturgia Giorgio Gallione
dall’omonimo romanzo di Viola Ardone
con Ambra Angiolini
produzione Agidi – Goldenart Production

Spettacolo
giovedì 18 gennaio 2024 | ore 20.45

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Rassegna di appartenenza: Prosa classica

Protagonista il signor Steva, un maturo sensale, vessato dalla moglie autoritaria e con una figlia da maritare, appunto, per la quale sembra esserci lo spasimante ideale nel Signor Riccardo, figlio di un senatore, in concorrenza con Cesarino, altro pretendente che però non pare abbia i requisiti necessari per giungere trionfante al traguardo. Il piatto è servito, lo show inizia: per maritare la ragazza si fanno carte false, i pretendenti vanno e vengono in una sequenza di situazioni infinite da risata.

La commedia originale fu scritta dal genovese Niccolò Bacigalupo, ma venne poi “riadattata” con molta libertà da Govi, il quale la portò al successo già negli anni Venti.

«Mi è stato chiaro fin da subito – scrive Solenghi nelle note di regia – che mi trovavo di fronte ad una autentica “maschera” della commedia, e così come non proverei alcun imbarazzo nel riprodurre “lo stampo” scenico di un Arlecchino, mi lascerò docilmente calare nei panni e nella mimica di Gilberto Govi assimilandone ogni frammento, ogni sillaba, ogni atomo. Non esiterei a definirla una sorta di stimolante “archeologia teatrale” che permetta al pubblico odierno, in una sorta di viaggio nel tempo, di rivivere coi Maneggi uno dei momenti più esaltanti della più grande personalità teatrale genovese del secolo scorso.»


Al fianco di Solenghi, nel ruolo che fu della moglie di Govi, Rina, Elisabetta Pozzi, che qui abbandona le grandi figure drammatiche femminili che l’hanno resa celebre per calarsi in un ruolo totalmente comico.  Ad impreziosire l’allestimento, le scene e i costumi di Davide Livermore, che ha voluto rendere omaggio al bianco e nero delle commedie goviane riprese dalla RAI. Fondamentale, poi, per la trasformazione di Solenghi in Govi, il trucco e parrucco di Bruna Calvaresi.

Crediti
regia Tullio Solenghi
con Tullio Solenghi Steva
Elisabetta Pozzi Giggia
Stefania Pepe Cumba
Laura Repetto Matilde
Isabella Loi Carlotta
Federico Pasquali Cesare
Pier Luigi Pasino Pippo
Riccardo Livermore Riccardo
Roberto Alinghieri Venanzio
Regia Tullio Solenghi
Scene e costumi Davide Livermore
Trucco e parucco Bruna Calvaresi
Regista assistente Roberto Alinghieri
Scenografa e costumista assistente Anna Varaldo
Coproduzione Teatro Sociale Camogli, Teatro Nazionale di Genova, Centro Teatrale Bresciano

Spettacolo
giovedì 21 marzo 2024 | ore 20.45

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Rassegna di appartenenza: Prosa Classica

 

“…tutti sanno che gli orsi si grattano quando sentono prurito, ma non molte persone sanno che i pruriti si grattano… perché sono orsi! E più il prurito si grattava, più diventava un orso. Finché dove prima non c’era nessun orso, fece la sua comparsa un orso che non c’era!”

Il nostro Orso, dovete sapere, è un orso che si fa molte domande, un curioso – si direbbe – o forse un filosofo, e quando non se le fa, a fargliele sono dei biglietti trovati nelle tasche (non sapete che gli orsi hanno le tasche???): «TU SEI ME?». Ma che domanda difficile per un Orso che fino a tre minuti prima era soltanto un prurito!!! Il nostro protagonista però ha degli indizi: «1. sono un orso molto gentile 2. sono un orso felice 3. e anche molto bello» e a partire da questi inizia la sua ricerca di sé. Il viaggio si snoda tra alberi che crescono se non li guardi (o no?), tra silenzi piccoli, grandi, antichi e silenzi silenziosi, facendo tappa per conoscere personaggi assurdi («un grosso morbido divano con la personalità di una mucca») che già ti conoscono, o forse no, e che consegnano al nostro protagonista un pezzetto di sé stesso e lo accompagneranno alla scoperta del pensiero e della felicità

Crediti
da “L’orso che non c’era” di Oren Lavie
spettacolo vincitore 𝗜𝗡-𝗕𝗢𝗫 𝗩𝗘𝗥𝗗𝗘 𝟮𝟬𝟮𝟯
di e con Elisa Canessa e Federico Dimitri
produzione Pilar Ternera/Nuovo Teatro delle Commedie e Compagnia Dimitri/Canessa
durata 55′ – età consigliata: dai 3 ai 7 anni


Spettacolo
domenica 25 febbraio | ore 16.00

Info
Spettacolo inseribile nel Family Pass

“La sua vita potrebbe essere raffigurata da due assi perpendicolari: su quello orizzontale tutto ciò che le è accaduto, ha visto, ascoltato in ogni istante; sul verticale soltanto qualche immagine, a sprofondare nella notte.” A. Ernaux, Gli anni

Qualcuno ha scritto che c’è una distanza incolmabile tra quel che è successo un tempo e il modo in cui ci appare ora, ammantato di una strana irrealtà. La coreografia de Gli anni è costruita per tentare di ricucire questo strappo: l’incandescente storia di un singolo – Marta Ciappina, interprete unica per itinerario artistico e peculiarità tecniche nel panorama della danza italiana – invita gli spettatori a giocare con la propria memoria.

Il corpo di Marta e gli occhi di chi la guarda intraprendono un viaggio che fa la spola tra il presente – il momento della performance, irripetibile incontro romantico – e il passato di ognuno, in una trama di andate e ritorni che confonde le storie, le canzoni e i ricordi.

Su palco e platea si stende lenta l’ombra di un romanzo: l’invito è a scriverlo assieme, un’opera a cento mani che ci esorti ad attraversare le rovine guardando in alto.

Crediti
di Marco D’Agostin
con Marta Ciappina
suono e grafica Luca Scapellato
luci Paolo Tizianel
conversazioni Lisa Ferlazzo Natoli, Paolo Ruffini, Claudio Cirri
video editing Alice Brazzit
costruzione elementi scenici Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa
promozione, cura Damien Modolo
organizzazione Eleonora Cavallo
amministrazione Federica Giuliano, Irene Maiolin
produzione VAN
coproduzione Centro Nazionale di Produzione della Danza Virgilio Sieni e Fondazione CR Firenze; Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa; Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale; Festival Aperto – Fondazione I Teatri; Tanzhaus nrw, Düsseldorf; Snaporazverein sostegni L’arboreto – Teatro Dimora | La Corte Ospitale ::: Centro di Residenza EmiliaRomagna; CSC/OperaEstate Festival Veneto
con il supporto dell’Istituto Italiano di Cultura di Colonia/MiC-Direzione Generale Spettacolo e Tanzhaus nrw, Düsseldorf, nell’ambito di NID international residencies programme

Spettacolo
martedì 23 aprile 2024 | ore 20.45

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Spettacolo compreso nell’Abbonamento Prosa Contemporanea e inseribile nei Season Pass e nella Gift Card
Rassegna di appartenenza: Prosa contemporanea

 

La Maria Brasca è una storia al femminile disegnata negli anni ‘60 con efficace realismo sociale dal grande drammaturgo Giovanni Testori. Un ritratto indelebile e senza tempo di una donna capace di lottare e di non cedere mai davanti a “sta bestiata che è il mondo”.

“Un personaggio indimenticabile, una donna vincente che grida al mondo la potenza della passione e l’amore per la vita vissuta fuori da ogni convenzione: uno stimolo a inseguire i propri sogni e vivere con grande fiducia nel futuro”. Così la regista Andrée Shammah riporta in scena il personaggio testoriano, scegliendo Marina Rocco nel ruolo che era stato di Adriana Asti nel suo primo allestimento di successo del ’92.

In una Milano di periferia, Maria torna a battersi e a difendere se stessa e il suo amore dai pettegolezzi, dal cinismo, dal quieto vivere. Fa la calzettaia in una fabbrica di Niguarda e fa l’amore – con qualche scandalo per la gente – come gli uomini: senza problemi. Ma un giorno le capita di innamorarsi di un ragazzotto più giovane di lei, nullafacente, che la fa impazzire di passione. A Maria Brasca non importa se Romeo la tradisce. Lei sa che quello per lui è un amore definitivo e lo difende come una tigre perché vuole da lui cose definitive.

Recensioni

Una Marina Rocco pallida, scombinata, inarrestabile, fatale […] Che regia fatta col cuore, che gioia questa Maria Brasca, due ore imperdibili in cui il cuore vola oltre ogni privazione.
Stefania Vitulli – Il Giornale

Andrée Ruth Shammah riesce a far vivere la parola drammaturgica testoriana in tutta la carne che è necessario ci sia e trasforma idealmente lo spettacolo in un inno alla vita, in una Nona di Beethoven, in quella piacevole scossa elettrica, quel brivido che corre lungo la schiena quando le endorfine danno significato alla parola gioia […] Marina Rocco incarna la protagonista accettando, e vincendo, la sfida di andare là dove non si tocca, in quella zona di continuo scambio tra anima e carne, nella ventralità che si dice e si racconta senza fronzoli o infiorettature. E fa tutto questo portando in dote al personaggio un sorriso fatto, insieme, di sole e di terra, e offrendo questo fiore alla platea con l’immediatezza di un paesaggio che appare, improvvisamente, dietro una curva.
Danilo Caravà – Milanoteatri.it

Il pubblico partecipa con entusiasmo resta coinvolto dalla recitazione degli attori e li omaggia a fine spettacolo di lunghi applausi, per la loro capacità di rinverdire la modernità di una storia scritta oltre sessant’anni fa ma ancora capace di disegnare con nitidezza i tipi psicologici sempre attuali.
Chiara Amato – PAC – Pane Acqua e culture

Crediti
di Giovanni Testori
regia Andrée Ruth Shammah
con Marina Rocco
e con Mariella Valentini, Luca Sandri, Filippo Lai
scene Gianmaurizio Fercioni
costumi Daniela Verdenelli
luci Oscar Frosio – musiche Fiorenzo Carpi
riallestimento a cura di Albertino Accalai per la scena e Simona Dondoni per i costumi
produzione Teatro Franco Parenti / Fondazione Teatro della Toscana

Spettacolo
giovedì 1 febbraio 2024 | ore 20.45

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Rassegna di appartenenza: Prosa classica

 

Spettacolo vincitore HYSTRIO TWISTER 2023

“Amo i classici da sempre. Con essi imparo cos’è il teatro e cos’è l’essere umano. Con i contemporanei imparo a conoscere la realtà presente e l’epoca in cui vivo. Insomma classico e contemporaneo si riguardano, si specchiano l’un con l’altro, si nutrono a vicenda. Il crollo dei valori dell’umanesimo, il prevalere della forza, dell’ambiguità più feroce, il trionfo del narcisismo e della pochezza emergono da questo testo per ritrovarsi intatti tra le pieghe dei giorni stranianti e strazianti che stiamo vivendo. È incredibile quanto una scrittura che risale al 423 a.C. risuoni chiara e forte alle orecchie di un cittadino del terzo millennio. […] La democrazia ateniese fa acqua da ogni parte, contraddice i suoi stessi valori, è populismo che finge di affermare i sacri valori della libertà.  È la legge del più forte, anche se apparentemente garantisce spazio e parola a tutti.”
Serena Sinigaglia

Un gruppo di donne, le madri dei guerrieri argivi morti nel fallito assalto a Tebe, supplica gli ateniesi di aiutarle a dare degna sepoltura ai figli, poichè i tebani negano la restituzione dei cadaveri. Il re ateniese Teseo risponde alla loro supplica, in osservanza della propria legge che impone di onorare i morti, nell’ottica ateniese dei valori di democrazia, libertà, uguaglianza, contrapposti alla tirannide di Tebe.

Il ciclo continua. Allora, ora, sempre. E il teatro lo svela nei suoi infiniti aspetti.

Crediti
di Euripide
traduzione di Maddalena Giovannelli e Nicola Fogazzi
drammaturgia a cura di Gabriele Scotti
regia Serena Sinigaglia
con Matilde Facheris, Maria Pilar Pérez Aspa, Arianna Scommegna, Giorgia Senesi, Sandra Zoccolan, Virginia Zini, Debora Zuin
cori a cura di Francesca Della Monica
scene di Maria Spazzi
costumi e attrezzeria di Katarina Vukcevic
luci di Alessandro Verazzi
assistente alla regia Virginia Zini
assistente alle luci Giuliano Almerighi
musiche e sound design di Lorenzo Crippa
movimenti scenici e training fisico a cura di Alessio Maria Romano
assistente al training  Simone Tudda
produzione ATIR – Nidodiragno/CMC – Fondazione Teatro Due, Parma
con il sostegno di NEXT ed. 2021/2022 Progetto di Regione Lombardia e Fondazione Cariplo
in collaborazione con Cinema Teatro Agorà, Cernusco sul Naviglio

Spettacolo
giovedì 7 marzo 2024 | ore 20.45

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Rassegna di appartenenza: Prosa classica

 

Tindaro Granata, vincitore del Premio UBU 2016 come “Miglior novità o progetto drammaturgico”, del premio Hystrio Twister 2017 come “Miglior spettacolo dell’anno” del il Premio “ENRIQUEZ” come “Miglior spettacolo di impegno civile e sociale” e del Premio Mario Mieli 2017 come “Miglior spettacolo dell’anno” con Geppeto Geppetto, con POETICA traccia una mappa “umanografica” dei paesi italiani:  un viaggio alla scoperta di luoghi che conservano la memoria della gente che li ha abitati.

Se guardiamo attentamente i paesi delle nostre provincie, vedremo che sono pezzi di vita lasciate lì a invecchiare come l’intonaco di una casa; sono storie di persone, come finestre si aprono e si chiudono al mondo; sono sacrifici e sono gioie, si incrociano come vicoli e strade. Grazie alla potenza evocativa delle parole di Franco Arminio, poeta e paesologo, riusciamo a ritrovare l’anima di un paesaggio che sta lentamente scomparendo. Forse non sta parlando solo di un paese reale, ma di un luogo che è nell’anima di ognuno di noi.

Attraverso le poesie di Arminio, tornano a vivere personaggi mitologici e personaggi popolari, figure il cui ricordo affiora ancora oggi nei discorsi di chi è rimasto. L’adattamento di Poetica è stato possibile grazie ai ricordi degli attori in scena: cinque brevi storie, che raccontano un momento cruciale nella vita di una persona, un abbandono. Sui cinque stendini in scena si appendono i sogni e si fanno sgocciolare le fatiche di una vita di mille e più emozioni. Le storie e le poesie si muovono tra essi, grazie agli attori e le attrici, come a muovere ogni persona in un quotidiano fare perso nel tempo.

Poetica è un tentativo di dialogo con i propri paesi, fisici o interiori. C’è bisogno di poesia.

Crediti
regia Tindaro Granata
poesie di Franco Arminio
testi Tindaro Granata
elaborazione drammaturgia Proxima Res
con (in ordine alfabetico) Caterina Carpio, Federica Dominoni, Tindaro Granata, Enrico Pittaluga, Francesca Porrini
scene e costumi Margherita Baldoni disegno luci Stefano Cane
assistente alla regia Federica Dominoni
produzione Proxima Res

Spettacolo
martedì 26 marzo 2024 | ore 20.45

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Rassegna di appartenenza: Prosa contemporanea

 

CERCANDO UN TETTO A DIO
speciale Giornata della Memoria

Giornalista e scrittrice, Marina Corradi ha eseguito la riduzione dei Diari e delle Lettere di Etty Hillesum, interpretandoli in modo estremamente essenziale, senza tralasciare alcun passaggio del percorso umano della protagonista. Il monologo sarà accompagnato da canzoni yiddish cantate dal vivo e da musiche originali composte dal musicista Ferdinando Baroffio.
“C’è una umanità sbalordita davanti al suo patibolo, nel diario della ragazza ebrea che sa che il prossimo treno caricherà lei e i suoi genitori. Sappiamo tanto di ciò che accadde ad Auschwitz, ma non avevamo mai letto con questa straziante limpidezza i pensieri degli uomini chiamati dall’“ordine della notte”.
Ciò che sbalordisce nell’inferno è però che la Hillesum non sia disperata. E non solo perché, come tutti, di notte guarda gli aerei degli Alleati, pregando che una bomba spezzi i binari, fermi i treni. Ancora cinque giorni prima di partire scrive: «La vita è meravigliosamente buona nella sua inesplicabile profondità». E dal suo treno lancia una cartolina: «Siamo partiti cantando».
Negli appunti scarni di una giovane ebrea verso Auschwitz, dal fondo dell’abisso, il mistero di una speranza inaudita.

Crediti
regia Andrea Chiodi
di Marina Corradi
con Angela Demattè
musiche Ferdinando Baroffio
con la partecipazione del coro Hebel del Liceo S.M. Legnani diretto dal maestro Raffaele Cifani

Spettacolo
sabato 27 gennaio 2024 | ore 20.45

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Rassegna di appartenenza: Prosa classica