RECENSIONI – STORIA DI UN NO

Ecco le recensioni di alcuni giovani spettatori che hanno assistito allo spettacolo STORIA DI UN NO andato in scena venerdì 25 novembre 2022 in occasione della Giornata Internazionale Contro la Violenza sulle Donne.

 

Oggi, 25 novembre, è la giornata mondiale sulla violenza sulle donne, rappresenta un vero problema per la società e viola i diritti umani della vittima.

Oggi il teatro Giuditta Pasta ha voluto rappresentare il giorno con uno spettacolo a tema. Lo spettacolo era un dialogo tra due persone, un uomo e una donna, che ci narravano e mimavano una storia riguardante una relazione. Una relazione inizialmente come le altre, quindi serena e spensierata che poi si è trasformata in una relazione tossica. Ci spiegano come a volte dire “NO” può essere fondamentale, e non bisogna farsi intimorire dal compagno/a. Ma tal volta può essere difficile farlo, per paura dell’altro o per non deludere chi ci circonda. Gli attori, anche senza aiuto di oggetti di scena sono riusciti a suscitare emozioni e trasmetterle al pubblico.

Con la loro semplicità hanno creato una storia divertente ma anche molto profonda da dove trarre consigli e atteggiamenti da prendere se ci si trova in situazioni simili.

Martina Pozzi


Oggi 25 novembre è la giornata contro la violenza sulle donne, è violenza contro le donne ogni atto di violenza fondata sul genere che provochi un danno o una sofferenza fisica, sessuale o psicologia per le donne, incluse le minacce o la privazione ingiustificata della libertà.

Per questa importante giornata il teatro Giuditta pasta ne ha dedicato uno spettacolo, spettacolo semplice ma d’effetto.

L’interpretazione è stata emozionante e sicuramente educativa, i protagonisti sono riusciti a trasmettere tutto con una semplice scena di vita quotidiana che purtroppo è frequente al giorno d’oggi.

Io personalmente non sono fan degli spettacoli ma questo mi ha colpita notevolmente sia perché è una giornata importante che tutti dovrebbero ricordare e ringrazio il teatro per averlo fatto e sia perché mi ha trasmesso la paura e la difficoltà di uscire da una situazione simile.

Ricordare le donne che hanno subito violenza di qualsiasi tipo è una cosa ammirevole ma soprattutto permette a tutte le donne di capire e di fuggire da questo tipo di circostanza, lottando per la propria libertà, è difficile si sa ma la forza che ha ogni singola donna è superiore a tutto ciò.

Tutte queste emozioni sono state sentite grazie alla grandiosa recitazione dei due protagonisti e al calore del pubblico presente.

Giorgia Rinaldi


“Storia di uno di no” non è un semplice spettacolo che viene recitato da degli attori, ma è un ritratto della realtà, di quello che davvero succede purtroppo al giorno d’oggi a moltissime persone. La protagonista è Martina, una giovane ragazza di 14 anni, orfana di madre, che vive con il padre, una persona davvero speciale per lei perché c’è sempre in ogni situazione e cerca farla stare bene.

Una scena che è stata rappresentata e mi ha stupito molto, è quando Martina stava passeggiando da sola al parco con le cuffiette e ad un certo punto, un uomo ha iniziato a fargli dei complimenti sul suo aspetto fisico, ma visto che Martina non rispondeva, lui si avvicinava sempre di più fino ad insultarla perché non reagiva a quello che gli stava dicendo; quando poi Martina si voltò e mostrò all’uomo che aveva registrato quello che era successo e di mostrare a tutti la brutta persona che era, lui scappò. Questa scena mi ha fatto molto riflettere perché molte donne sono vittime di ciò ogni giorno, si sentono violate e purtroppo non riescono a reagire perché la situazione le travolge. Mi ha colpito molto una frase di Martina: “il mondo è un posto di merda se sei una ragazza”. Questa frase è arrivata al mio cuore come una freccia, e ho sentito il dolore che portava con sé. Purtroppo, mi ritrovo a dover condividere questo pensiero di Martina. Al giorno d’oggi è davvero difficile essere una donna: siamo spesso sottovalutate e considerate come degli oggetti di cui gli uomini possono farne qualsiasi cosa. Le domande che mi pongo sempre sono: “perché ci sono uomini che violentano le donne? È così difficile accettare che siamo come loro? Perché provocare un dolore così forte a delle persone che sono come loro, solo perché di sesso diverso? Chi sono loro per decidere cosa farne di una donna come se fosse un oggetto inanimato?

Poi Martina conosce Alessandro, un ragazzo di 16 anni, di cui lei si innamora. La loro relazione con il tempo si dimostra tossica, perché Alessandro vuole che Martina risponda sempre ai suoi messaggi ed esca sempre con lei, non permettendogli di stare con le sue amiche o di fare qualunque cosa che non lo coinvolga. Purtroppo, Martina inizialmente non riesce a dire ad Alessandro che non si sente sicura di amarlo, vorrebbe tante volte dirgli di “no”, ma non riesce a trovare la forza per farlo. Quando finalmente una sera riesce a pronunciare quel “no” che pensava da molto tempo. Io penso sia davvero difficile dire “no”, sembra una semplice parola, ma in realtà nasconde una grande difficoltà. Anche per me è davvero difficile dire “no” perché spesso ho paura di ferire l’altra persona, della sua reazione o di rimanere sola. Quel “no” di Martina è un “no” di pancia, di cui dopo ti rendi consapevole. Un “no” può cambiare la vita. Mi ha lasciato un segno importante nel mio cuore, la frase di Martina che dice ad Alessandro dopo quel fatidico “no”: “Io non sono sola”. È vero nessuna di noi è sola, spesso ci fanno credere il contrario, e per questo non troviamo la forza di reagire. Ma vi assicuro a voi che state leggendo, che non è così, c’è sempre qualcuno per voi, non sentitevi mai da sole, perché non lo siete e non lo sarete mai.

Inoltre, penso che il gesto della madre di Alessandro sia un esempio davvero importante, a non lasciarsi “usare” a proprio piacimento da qualcuno, ma a reagire. La madre di Alessandro, infatti, dopo molte violenze subite dal marito, un giorno è riuscita a dire quel fatidico e difficile “no” e a denunciarlo. Sembra all’apparenza una cosa facilissima, ma penso che io non ne sarei mai in grado, per me lei è stata un grande esempio, rappresenta quella forza che vorrei tanto avere e che sto cercando di trovare; perché tutte noi l’abbiamo, ma purtroppo spesso la pressione che ci viene esercitata da un altro uomo, che può essere nostro marito, fidanzato o padre, è così forte da schiacciarla e nasconderla ai nostri occhi. La forza che ha avuto la madre di Alessandro, secondo me è più la più forte che esista. Spesso ci arrendiamo ad accettare lo sfruttamento che ci viene imposto da un uomo perché abbiamo paura che ci possa fare del male. So che è davvero difficile, e non oso immaginare neanche quanto, ma spero che le mie parole, convincano e aiutino qualche donna a darsi forza e a denunciare chi li sta sfruttando e non gli permette di vivere con felicità e spensieratezza. Ricordate sempre:” NON SIETE MAI DA SOLE!”

Aurora Alampi


“Storia di un no” è una rappresentazione teatrale che tratta del tema sulla violenza contro le donne; più nello specifico della difficoltà nel dire di no in situazioni scomode e complesse. Infatti spesso è molto difficile acquisire coraggio per opporsi, come nel caso di questa vicenda, a relazioni complicate che sfociano nella tossicità. Purtroppo è una ricorrenza molto diffusa: all’inizio si decide di intraprendere una relazione con una persona che si presenta “perfetta”, normale e apparentemente tranquilla, per poi poco dopo (in seguito alla fiducia acquisita dall’altra persona), diventare un soggetto estremamente tossico, manipolatore e talvolta anche violento. La persona che si ritrova in una situazione del genere spesso se ne accorge troppo tardi, e di conseguenza, con il legame di quasi dipendenza ormai creatosi, trova estremamente complicato, quasi impossibile, uscirne e dire di no al partner. Per questo trovo sia fondamentale educare il più possibile le nuove generazioni nell’acquisire una maggior consapevolezza e attenzione verso se stessi e i propri sentimenti, in modo che, nel caso in cui ci si trovi in una relazione tossica, si possa riuscire a prendere la situazione in mano autonomamente, al fine di stroncare sul nascere possibili episodi di violenza più gravi (sia psicologica che fisica).

Valentina Torretti

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