Giulia Lenzi

LA SIGNORA DELLE CAMELIE

La dame aux camelias di Alexandre Dumas figlio, testo di sorprendente violenza sociale, ha dato origine a uno degli “stereotipi” femminili più intensi dell’800 diventando modello di moltissimi prodotti artistici di grande successo: balletti, opere liriche, testi teatrali, film.
Nel corso dei secoli l’amore impossibile tra Marguerite Gautier e Armand Duval ha continuato a ripetersi diventando, forse, il più grande mito romantico moderno ma il romanzo di Dumas figlio è piuttosto basato su una storia vera e ha mantenuto intatta anche tutta la sua brutalità, nonostante le intenzioni reazionarie e moralizzanti del suo autore.

E cosi mentre il mito, ripetizione dopo ripetizione, si fa più stucchevole e sentimentale, La dame aux camelias in questa nuova prova di Ortoleva diviene soprattutto la cronaca impietosa di un omicidio sociale, in cui la violenza classista smaschera il romanticismo che l’ha coperta.

Uno spettacolo teso tra l’ottocento e l’ultracontemporaneo, che racconta, insieme agli struggimenti e alla nobiltà d’animo della sua eroina, il voyeurismo e la perversione di una società che sfoga le sue tensioni sul corpo della donna.
Una storia che continua a toccarci, più di quanto vorremmo.

Note di regia

Per chiudere questa personale trilogia sui miti dell’amore romantico, passata per il romanzo di Lancillotto e la Dodicesima notte di Shakespeare, ho scelto un testo che mi ha sempre sconvolto per la sua ferocia cortese.
La Signora delle camelie non fa sconti nel raccontare la sua epoca, muovendosi tra misoginia, classismo, privilegio, patriarcato; è una parabola che se non si fosse travestita da storia d’amore avrebbe potuto accendere le piazze. Roland Barthes scrive in Miti d’oggi che a Margherita Gautier, alienata ma servile, mancherebbe pochissimo per diventare una fonte di critica della società in cui è immersa. Era un invito troppo allettante per lasciarselo sfuggire.

Soprattutto, Signora delle Camelie è un testo sulla visione.
Sul bisogno di vedere tutto, sempre di più. Penso ai prototipi degli uomini del futuro creati pochi anni fa da un’azienda americana: dotati di occhi enormi, per meglio consumare la miriade di immagini che abbiamo di fronte nell’ultimo secolo, in crescita esponenziale – penso a come il bisogno spasmodico da cui Dumas è attraversato ci abbia colonizzato. Vedere e avere, scopare con gli occhi, possedere. Anche la morte di Margherita è una merce da consumare.
Con Signora delle Camelie Alexandre Dumas figlio si denuda, racconta – con una sorta di incoscienza, con una limpidità di cui evidentemente si pentirà – il suo rapporto con le donne, l’amore, il possesso. Non si fa sconti. Racconta le sue ossessioni, la sua piccolezza, si ridicolizza. L’unico desiderio che ho avuto, affrontandolo, è stato di non farmi sconti a mia volta. Partendo dal classico, da un sapore riccamente ottocentesco, e scivolando sempre più avanti, sempre più vicino, a me, a noi. Per guardarci”.
Giovanni Ortoleva

LA SIGNORA DELLE CAMELIE
liberamente tratto dal romanzo di Alexandre Dumas figlio
drammaturgia e regia GIOVANNI ORTOLEVA
dramaturg Federico Bellini
scene Federico Biancalani
costumi Daniela De Blasio
musiche Pietro Guarracino
movimenti Anna Manella
disegno luci Davide Bellavia
assistente alla regia Marco Santi

con Gabriele Benedetti, Anna Manella, Alberto Marcello, Nika Perrone e Vito Vicino
realizzazione scene Federico Biancalani e Nadia Baldi
realizzazione costumi Daniela De Blasio, Rocio Orihuela Perea, Viviana Bartolini
in tournée
luci Alice Mollica
fonico Emanuele Morena
produzione Fondazione Luzzati – Teatro della Tosse, Elsinor – Centro di Produzione Teatrale, TPE – Teatro Piemonte Europa, Arca Azzurra Associazione Culturale
Spettacolo selezionato da Next – Laboratorio delle Idee per la produzione e programmazione dello spettacolo lombardo.
Distribuzione Gianluca Balestra / Elsinor

produzione Fondazione Luzzati-Teatro della Tosse, Elsinor, Tpe-Teatro Piemonte Europa, Arca Azzurra

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Giovedì 9 aprile 2026 | ore 20.45
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