MALALA – recensione di Sofia Bettocchi

One child, one teacher, one book and one pen can change the world”: “Un bambino, un insegnante, un libro e una penna possono cambiare il mondo” queste sono le parole di Malala Yousafzai, Premio Nobel per la Pace 2014.

Malala nasce nel 1997, nella valle dello Swat, da una famiglia amorevole: insieme a lei, ci sono due fratelli Atal e Khushal, la mamma Toor Pekai e il papà Ziauddin, impegnato nella fondazione di una scuola e nel sociale.

Come tutte le bambine va a scuola, ma un giorno Malala non ci arriva. Era sullo scuolabus, insieme alle sue compagne; improvvisamente il tempo si ferma e qualcuno chiede: “Chi è Malala?”, le compagne si girano e improvvisamente lo sparo. Malala viene colpita alla testa.

Tutto questo perché lei voleva studiare, perché chiedeva di imparare, di poter esercitare un suo diritto. I talebani avevano preso il potere e avevano negato alle ragazze di andare a scuola, loro dovevano rimanere a casa per preparare il pasto agli uomini, loro non potevano uscire di casa se non accompagnate da un uomo, anche solo da un bambino, ecco questa era la legge.

Racconto la mia storia non perché sia unica, ma perché non lo è. È la storia di molte ragazze. Oggi racconto anche le loro storie”.

Il diritto allo studio. Ecco il tema principale dello spettacolo, un diritto che molti di noi danno per scontato. Andare a scuola, nella nostra quotidianità, è qualcosa di normale, di scontato, ma per 66milioni di bambini, purtroppo, non lo è e Malala lo afferma, lo afferma davanti al mondo intero.

Nel 2014, Malala non si tira indietro, davanti a tutti perdona il talebano che le ha sparato: “Voglio un’istruzione per i figli e le figlie dei talebani e di tutti i terroristi e gli estremisti. Non odio nemmeno il talebano che mi ha sparato”.

Malala ci ha aiutato a capire che molto spesso diamo per scontato il diritto allo studio, ma non è così: nel mondo ci sono migliaia e migliaia di bambini che tutti giorni non hanno questa possibilità, devono stare a casa o combattere per i loro stati, ma non è possibile: tutti abbiamo il diritto di studiare.

di Sofia Bettocchi

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