AVEVO UN BEL PALLONE ROSSO

Recensione di Sofia Bettocchi


Margherita, studentessa all’ultimo anno della facoltà di Sociologia, a Trento.
Suo padre, padre di una figlia che rimarrà nella storia dell’Italia.

Trento, 1965: Margherita frequenta l’ultimo anno della facoltà di sociologia, ma il padre non è molto convinto di questa cosa, infatti sostiene che ci siano delle persone non troppo adatte a lei.
Tra queste, Renato Curcio. Tra i due sboccia un amore, che va oltre al sentimento: i due hanno il desiderio di migliorare il mondo e la sua condizione.
Un giorno, passando da Piazzale Loreto, a Renato viene l’idea di denominare il loro gruppo Le brigate, proprio come le brigate partigiane che combattevano il fascismo.
Ma a Margherita quel nome non bastava, doveva esserci qualcosa che le caratterizzava: ed ecco che le viene in mente Rosse. Le Brigate Rosse.
Le Brigate rosse, afferma Margherita, hanno lo scopo di rendere il mondo migliore, di togliere il potere a che ne abusava.

1969: Margherita si sposa con Renato, trasferendosi a Milano
1972: Arresto di Sossi, Margherita è presente.
Viene liberato qualche tempo dopo, insieme a lui altri otto ostaggi.
1975: Renato viene arrestato. Viene portato nella prigione di Monferrato. Margherita si presenta al cancello del carcere, una molotov sotto la giacca, nel frattempo altri brigatisti all’interno del carcere liberavano Renato.
1975: Margherita, dopo aver lasciato il segno nella storia italiana, muore.

Uno spettacolo basato sul dialogo, sulla relazione tra padre e figlia.
In questa rappresentazione si è riuscito a mettere in scena il rapporto amorevole, pratico e drammatico tra un padre e una figlia, caratterizzato da affetto, che a volte viene come tagliato a metà da scelte personali.
Una scena statica permette lo sviluppo dei dialoghi, svolti in dialetto trentino per far entrare gli spettatori ancora meglio nella vicenda.

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